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La Via Crucis sul Krizevac a Medjugorje: sembrava impossibile salire, ma ogni stazione lavava una ferita

Di: Riccardo Bianco

Aggiornato: 25 Maggio 2025
10 minuti

"Dopo quel viaggio ho ritrovato l'entusiasmo che avevo perso da tempo."

Queste parole di Andrea, 57enne bolognese, racchiudono l'essenza di una trasformazione interiore avvenuta durante il suo pellegrinaggio a Medjugorje con Bianco Viaggi.

Un cambiamento nato dall'esperienza potente della salita al Krizevac sotto la pioggia battente, un cammino fisico e spirituale che è diventato metafora della sua vita.

Mano di una pellegrina che stringe un rosario mentre percorre il sentiero roccioso del monte Krizevac a Medjugorje.

Krizevac sotto la pioggia: quando l'impossibile diventa possibile

"Krizevac sotto la pioggia. Sembrava impossibile salire,"

racconta Andrea, ricordando quel momento con una chiarezza sorprendente nonostante siano passati mesi.

Il Monte della Croce, con i suoi 520 metri di altezza e il ripido sentiero roccioso, rappresenta già una sfida in condizioni normali.

Affrontarlo sotto la pioggia sembrava una follia.

"Quella mattina, quando mi sono svegliato e ho visto la pioggia, il mio primo pensiero è stato: oggi niente Krizevac,"

ammette Andrea.

"Ho 57 anni, non sono più un giovane atletico, e l'idea di arrampicarmi su rocce scivolose mi sembrava francamente pericolosa."

Durante la colazione, però, la guida Samuele ha annunciato che il programma non sarebbe cambiato.

"Ha detto qualcosa che mi ha colpito: 'La pioggia può essere parte dell'esperienza. Anche Gesù ha portato la croce in condizioni difficili,'"

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ricorda Andrea.

Con una certa riluttanza, Andrea si è unito al gruppo.

"Ero decisamente il più scettico. Mentre gli altri sembravano quasi eccitati dalla sfida, io calcolavo mentalmente tutte le possibilità di scivolare e farmi male."

La storia della Croce: un simbolo di fede costruito prima delle apparizioni a Medjugorje

Prima di iniziare la salita, Samuele ha spiegato al gruppo la storia affascinante del Krizevac e della sua imponente croce di cemento bianco, alta 8,5 metri.

"La cosa straordinaria,"

racconta Andrea,

"è che questa croce è stata eretta molti anni prima delle apparizioni della Madonna. Samuele ci ha spiegato che fu costruita nel 1934, quando il parroco di allora, Fra Bernardin Smoljan, volle commemorare i 1900 anni della morte di Cristo."

I parrocchiani di Medjugorje lavorarono duramente per realizzare questo progetto ambizioso.

Trasportarono a mano il cemento, l'acqua e tutti i materiali necessari fino alla cima della montagna.

Fu un'impresa comunitaria che richiese grande sacrificio e determinazione.

"Sulla croce,"

aggiunge Andrea,

"è incisa un'iscrizione in latino che dice: 'A Gesù Cristo, Redentore del genere umano, in segno di fede, amore e speranza, in ricordo del 1900° anniversario della Passione di Gesù'. C'è anche una reliquia della croce di Gesù, donata da Roma per l'occasione, incastonata nella croce di cemento."

Quello che colpisce particolarmente è come questa croce, eretta 47 anni prima delle apparizioni, sia diventata un elemento centrale nella storia di Medjugorje.

"È come se quei parrocchiani stessero preparando, senza saperlo, un luogo importante per eventi futuri,"

riflette Andrea.

"Samuele ci ha raccontato che la Madonna stessa, nei messaggi ai veggenti, ha più volte invitato i pellegrini a salire il monte della croce."

Le apparizioni sul Krizevac: quando il Cielo si apre sulla montagna

Mentre il gruppo iniziava la salita, Samuele ha condiviso con i pellegrini gli eventi straordinari che hanno avuto luogo sul Krizevac durante la storia delle apparizioni di Medjugorje.

"Ci ha raccontato che il 30 agosto 1984, la Madonna apparve ai veggenti proprio vicino alla croce,"

ricorda Andrea.

"In quell'occasione, secondo la testimonianza dei veggenti, la Madonna disse: 'La croce era anche nel piano di Dio quando l'avete costruita'. Come se quella costruzione del 1934 fosse già stata prevista per gli eventi futuri."

Particolarmente toccante è stato il racconto dell'apparizione del 6 agosto 1985, festa della Trasfigurazione.

"Samuele ci ha spiegato che quel giorno la Madonna apparve sul Krizevac vestita di oro, secondo la testimonianza della veggente Marija. Un segno speciale per sottolineare l'importanza di questa montagna."

Andrea è stato colpito anche dal legame tra il Krizevac e Padre Slavko Barbarić, il frate francescano che per anni è stato guida spirituale di Medjugorje.

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"Non sapevo che Padre Slavko fosse morto proprio sul Krizevac,"

confessa Andrea. "

Samuele ci ha raccontato che il 24 novembre 2000, dopo aver guidato la Via Crucis come faceva ogni venerdì, Padre Slavko si accasciò e morì poco sotto la cima. Il giorno dopo, la Madonna disse ai veggenti che Padre Slavko era in Paradiso.

È stato emozionante pensare che stavamo camminando sugli stessi sentieri di questo frate che ha dato la vita per Medjugorje."

Un altro elemento che ha arricchito l'esperienza è stato apprendere del Festival dei Giovani, che si tiene ogni anno all'inizio di agosto.

"Samuele ci ha mostrato foto di migliaia di giovani che salgono il Krizevac durante il festival, e di come la Messa all'alba sulla montagna sia uno dei momenti più potenti dell'evento.

Vedere quelle immagini ci ha fatto sentire parte di qualcosa di più grande, di una storia che continua."

La Via Crucis a Medjugorje sotto la pioggia: quando i dolori personali incontrano la Passione

Con queste conoscenze che rendevano ogni passo più significativo, il gruppo ha iniziato a percorrere le stazioni della Via Crucis. Le 15 stazioni, rappresentate da belle formelle in bronzo, sono state installate lungo il percorso nel 1988.

"Ci siamo fermati ad ogni stazione,"

racconta Andrea.

"Sotto la pioggia, con i vestiti bagnati e le scarpe che scivolavano sulle rocce, quelle scene della Passione di Cristo assumevano un significato tutto nuovo. Non era più una devozione astratta, ma qualcosa che stavamo in qualche modo sperimentando fisicamente: la fatica, il disagio, la perseveranza."

Samuele aveva suggerito al gruppo un esercizio spirituale potente: associare ad ogni stazione una difficoltà o una sofferenza personale.

"All'ottava stazione, quella in cui Gesù incontra le donne di Gerusalemme, mi sono trovato a pensare al mio rapporto con mia figlia, che attraversa un periodo difficile,"

confessa Andrea.

"Ho capito che, come Gesù ha detto a quelle donne di non piangere per lui ma per loro stesse e i loro figli, così io dovevo smettere di compatirmi e iniziare a preoccuparmi davvero per lei, per capire il suo dolore."

La pioggia, anziché essere un ostacolo, è diventata parte dell'esperienza di guarigione.

"Era come se lavasse via qualcosa dentro di me,"

riflette Andrea.

"Le gocce che mi scorrevano sul viso si mescolavano alle lacrime che non riuscivo più a trattenere. Ad ogni stazione, sentivo che stavo depositando ai piedi della croce un pezzo del mio fardello."

Particolarmente intensa è stata l'undicesima stazione, dove Gesù viene inchiodato alla croce.

"Samuele ci ha invitato a riflettere su quali siano i 'chiodi' che ci tengono bloccati nella nostra vita,"

ricorda Andrea.

"Ho realizzato che il risentimento verso alcuni colleghi, l'amarezza per opportunità mancate, il rancore verso un vecchio amico che mi aveva deluso... erano tutti 'chiodi' che mi tenevano fermo, impedendomi di avanzare."

Ad ogni stazione, il gruppo recitava insieme preghiere e meditazioni, creando un ritmo che aiutava a proseguire nonostante la difficoltà.

"C'era qualcosa di profondamente unificante in quest'esperienza,"

osserva Andrea.

"Persone diverse, con storie diverse, tutte immerse nella stessa pioggia, affrontando la stessa salita, unite dalle stesse preghiere."

"Passo dopo passo": l'aiuto reciproco sulla via della croce

Uno degli aspetti più sorprendenti per Andrea è stato il modo in cui il gruppo si è unito durante questa prova.

"C'erano persone di età e condizioni fisiche diverse. Eppure, tutti si aiutavano a vicenda. Chi era più forte tendeva la mano a chi era in difficoltà. Chi aveva un ombrello lo condivideva. Chi aveva portato più acqua la offriva agli altri."

Samuele aveva spiegato come questo fosse parte dell'esperienza del Krizevac: "Ci ha ricordato che la salita al monte della Croce non è mai un'impresa solitaria, proprio come la fede non è mai un cammino che si compie da soli. La montagna insegna l'interdipendenza, l'umiltà di riconoscere che abbiamo bisogno degli altri."

In particolare, Andrea ricorda un episodio: "Ad un certo punto, ho davvero pensato di non farcela. Le ginocchia mi facevano male, il fiato era corto. Una signora di almeno 70 anni, che procedeva con una lentezza metodica ma inarrestabile, mi ha semplicemente detto: 'Si fermi un attimo, riprenda fiato, e poi continui. La meta non scappa.'"

Quella semplice frase è risuonata in Andrea come una profonda lezione di vita.

"Ho capito che spesso nella vita voglio tutto e subito. Mi agito, mi affanno, mi stresso. E paradossalmente, questo mi porta a mollare quando le cose si fanno difficili. Quella signora, con la sua costanza tranquilla, mi stava insegnando un modo diverso di affrontare le sfide."

Le pietre del sentiero, scivolose per la pioggia, richiedevano attenzione ad ogni passo.

"Samuele ci ha fatto notare come quelle pietre fossero una metafora perfetta delle difficoltà della vita,"

ricorda Andrea.

"Se le guardi tutte insieme, la montagna sembra insormontabile. Ma se ti concentri solo sul prossimo passo da fare, sulla prossima pietra da superare, allora tutto diventa possibile."

L'arrivo sul Krizevac: il momento della trasformazione

Quando finalmente il gruppo ha raggiunto la cima del Krizevac, è accaduto qualcosa che Andrea definisce "quasi cinematografico".

"Proprio mentre arrivavamo alla grande croce bianca, la pioggia ha smesso. Le nuvole si sono aperte, non completamente, ma abbastanza da lasciar filtrare alcuni raggi di sole. La vista sulla valle sottostante, con i colori intensificati dalla pioggia e quella luce particolare, era semplicemente mozzafiato."

Andrea è rimasto in silenzio davanti alla croce, toccando il cemento ruvido, osservando l'iscrizione latina e riflettendo su quei parrocchiani che 89 anni prima avevano trasportato tutti i materiali fin lassù, pietra dopo pietra, secchio dopo secchio.

"Samuele ci ha invitato a guardare la croce per qualche minuto in silenzio, pensando alla nostra croce personale," racconta Andrea. "Mi sono ritrovato a pensare che la croce non è solo simbolo di sofferenza, ma anche di vittoria. Quelle rocce scivolose, quella pioggia, quella fatica... non erano stati ostacoli al mio cammino, ma paradossalmente parti essenziali di esso."

Non ha provato un'estasi mistica o avuto visioni. "È stato qualcosa di più sottile ma non meno potente. Un senso di... completezza. Come se tutti i pezzi della mia vita, compresi quelli dolorosi o apparentemente insensati, avessero un posto in un disegno più grande."

La croce di cemento, solida contro il cielo variabile, è diventata per Andrea una potente metafora. "Ho capito che nelle tempeste della vita, ciò che conta è avere un punto fermo a cui guardare. Per secoli, quella croce ha resistito alle intemperie, proprio come la fede può resistere alle prove della vita."

Samuele ha concluso il momento con una spiegazione che ha colpito Andrea: "Ci ha detto che in croato 'Krizevac' significa letteralmente 'monte della croce', ma che si potrebbe anche interpretare come 'la croce vince'.

Su quella montagna ho sperimentato che la croce, simbolo di sofferenza, può realmente trasformarsi in vittoria quando è accettata e vissuta con fede."

La discesa e la trasformazione interiore: portare il Krizevac nella vita

La discesa dal Krizevac, sebbene fisicamente impegnativa, è stata per Andrea un momento di gioiosa riflessione.

Le rocce scivolose richiedevano ancora attenzione, ma il cuore era più leggero.

"C'era qualcosa di profondamente simbolico nella discesa,"

osserva Andrea.

"Samuele ci ha spiegato che nella spiritualità cristiana, dopo l'incontro con Dio sulla montagna, c'è sempre la discesa verso la valle, verso gli altri, verso la quotidianità. Come Mosè che scende dal Sinai, o i discepoli che scendono dal monte della Trasfigurazione con Gesù."

Molti pellegrini raccolgono piccole pietre dal Krizevac come ricordo.

"Anch'io ne ho presa una,"

confessa Andrea.

"L'ho messa sulla mia scrivania a scuola. Ogni volta che mi sento sopraffatto dalle difficoltà quotidiane, la guardo e mi ricordo di affrontare un passo alla volta, una pietra alla volta."

L'impatto più duraturo dell'esperienza del Krizevac per Andrea si è manifestato al ritorno alla sua vita quotidiana a Bologna.

"Dopo quel viaggio ho ritrovato l'entusiasmo che avevo perso da tempo," afferma con un sorriso sereno.

Andrea lavora come insegnante di lettere in un liceo, una professione che un tempo amava profondamente ma che negli ultimi anni era diventata per lui fonte di frustrazione.

"Mi sentivo svuotato, stanco di combattere contro l'apatia degli studenti, la burocrazia soffocante, i genitori sempre più invadenti. Stavo seriamente pensando al prepensionamento."

Il pellegrinaggio a Medjugorje, e in particolare la salita al Krizevac, ha innescato un cambiamento di prospettiva.

"Ho capito che stavo affrontando il mio lavoro come stavo inizialmente affrontando il monte: vedendo solo gli ostacoli, le difficoltà, i motivi per rinunciare. Ma se avessi continuato 'passo dopo passo', con pazienza e fiducia, avrei potuto riscoprirne il valore e la bellezza."

Al rientro a scuola, i colleghi hanno notato il cambiamento. "Una collega mi ha detto: 'Sembri ringiovanito di dieci anni'. Non era solo una questione di aspetto fisico, ma di energia, di passione ritrovata."

Andrea ha anche trovato un modo per condividere la sua esperienza con gli studenti. "Ho proposto un progetto interdisciplinare sulle 'montagne letterarie' - dalla montagna del Purgatorio di Dante al monte Sinai, dal monte delle Beatitudini al Krizevac. È diventato un modo per parlare di fatica, percorso, trasformazione, attraverso la letteratura e la storia."

La scelta di Bianco Viaggi e il valore di una guida preparata

La decisione di partecipare a un pellegrinaggio a Medjugorje con Bianco Viaggi non è stata casuale per Andrea. "Ho scelto Bianco Viaggi su consiglio del mio parroco, che organizza viaggi con loro da anni. Posso solo confermare la loro eccellenza!"

Il parroco di Andrea aveva insistito sull'importanza di affidarsi a un'organizzazione esperta, specialmente per un luogo come il Krizevac, dove la conoscenza storica e spirituale fa la differenza tra una semplice escursione e un'esperienza trasformativa.

"Samuele, la nostra guida, non era semplicemente qualcuno che ci portava da un luogo all'altro,"

sottolinea Andrea.

"La sua profonda conoscenza del Krizevac, delle apparizioni, della storia della croce e dei suoi significati ha reso ogni passo della salita incredibilmente ricco di significato."

La professionalità di Bianco Viaggi si è manifestata anche nella decisione di non cancellare la salita nonostante la pioggia.

"Con un'altra organizzazione, probabilmente avrebbero scelto l'opzione più facile, cancellando la visita o rimandandola," riflette Andrea. "Invece, Samuele sapeva che quelle condizioni difficili potevano trasformarsi in un'opportunità spirituale unica."

Andrea apprezza particolarmente come Bianco Viaggi abbia curato ogni dettaglio del pellegrinaggio senza mai perdere di vista la dimensione spirituale dell'esperienza.

"Ciò che rende unica Bianco Viaggi è la capacità di fornire non solo un'organizzazione impeccabile, ma soprattutto gli strumenti spirituali per vivere pienamente luoghi come il Krizevac: le spiegazioni storiche, le meditazioni per ogni stazione, il contesto delle apparizioni."

Una lezione di vita dal Krizevac

Oggi, Andrea guarda la foto che tiene sulla scrivania: lui e il gruppo sulla cima del Krizevac, bagnati fradici ma sorridenti, con la grande croce bianca sullo sfondo e squarci di luce tra le nuvole.

"Quella foto mi ricorda ogni giorno che ciò che sembra impossibile può diventare possibile, passo dopo passo,"

riflette.

"Il Krizevac sotto la pioggia è diventato una metafora della mia vita: le difficoltà non scompaiono, ma possono essere affrontate con l'atteggiamento giusto e il sostegno degli altri."

A distanza di mesi, Andrea continua a scoprire come quell'esperienza lo abbia cambiato.

"Ora, quando affronto una difficoltà, mi chiedo: 'È davvero più ardua della salita al Krizevac sotto la pioggia?'

La risposta è quasi sempre no. E questo mi dà coraggio."

Ma forse la lezione più profonda riguarda il significato stesso della croce nella vita cristiana.

"Prima vedevo la croce principalmente come simbolo di sofferenza, di sacrificio,"

confessa Andrea.

"Ora la vedo come segno di vittoria, di trasformazione. Come dice il nome stesso del monte in croato, 'Krizevac': la croce vince. Non elimina le difficoltà della vita, ma le trasforma, dà loro un senso, le rende parte di un cammino di crescita."

Andrea conclude con una riflessione che illumina il cuore della sua esperienza:

"Sulla cima del Krizevac ho capito che le croci della mia vita - i fallimenti, le delusioni, i dolori - non sono punizioni o ostacoli, ma inviti a guardare più in alto, a cercare un significato più profondo.

Come quella croce di cemento eretta dagli abitanti di un piccolo villaggio bosniaco nel 1934, molto prima che sapessero quale ruolo avrebbe avuto nella storia della loro comunità."


Desideri vivere anche tu l'esperienza della salita al Krizevac a Medjugorje?

Bianco Viaggi organizza pellegrinaggi a Medjugorje con guide esperte come Samuele, che conoscono profondamente la storia e il significato spirituale del Monte della Croce

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