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Pellegrinaggio a San Giovanni Rotondo: "Il dono più grande" - la storia di Lucia e Marco

Di: Riccardo

Aggiornato: 27 Agosto 2025
3 minuti

Il desiderio di una famiglia che non si spegne. La fatica che scava. Un viaggio a San Giovanni Rotondo. E una porta che, un giorno, si riapre.

Donna in preghiera accarezza il rosario nella statua di Padre Pio all’esterno del santuario di San Giovanni Rotondo.

Il desiderio che non passa

Un test negativo è una puntura che brucia e poi passa. Ma quando i test sono molti, la puntura diventa ferita. Per Lucia e Marco sono stati otto anni di tentativi, esami, terapie, speranze che salivano e ricadevano a terra come onde corte. Ogni mese un’altalena nuova; ogni mese la stessa stanza, lo stesso silenzio. Non era solo un sogno da mettere in bacheca: era il sogno da cui passava l’idea stessa di casa.

La svolta inattesa: una panca in chiesa

La svolta non è arrivata in una clinica. È arrivata su una panca, in chiesa, attraverso una donna anziana che ha visto le lacrime di Lucia e si è seduta accanto a lei. Le ha raccontato la sua storia, stranamente simile, e di come Padre Pio l’avesse aiutata a custodire la speranza quando sembrava finita. Non promessa, non formula: solo una compagnia. In quelle parole è tornata una scintilla che non graffia: una speranza pacifica.

Decidere di partire: San Giovanni Rotondo

Lucia e Marco hanno scelto di partire. Non per “strappare” un miracolo, ma per consegnare un peso che non sapevano più portare. La strada verso San Giovanni Rotondo è diventata un rosario di domande e di fiati lunghi. All’arrivo: l’alba fresca, la Messa nella chiesa antica, la discesa lenta verso la cripta. Davanti alla tomba di Padre Pio, Lucia ha sentito che il pianto — lo stesso di tante notti — aveva un nome diverso: non disperazione, abbandono. Marco, accanto, ha fatto la stessa semplice preghiera di ogni uomo che ama e non sa che fare: “Tieni tu quello che non tengo io”.

Tre giorni di silenzio (e un sogno)

Sono rimasti tre giorni. Una stanza semplice, il corridoio che profuma di cera, la campana che taglia il tempo. Hanno dormito poco e pregato piano. Una notte, Lucia ha sognato Padre Pio: nessuna frase, solo un sorriso. Si è svegliata con una pace che non ricordava da anni. Non aveva garanzie in tasca; aveva, però, una direzione.

Due mesi dopo: il test che non ti aspetti

Il tempo fa il suo lavoro senza fare rumore. Due mesi dopo il pellegrinaggio, Lucia guarda un test che dice l’opposto di tutti gli altri. Lo rifà, due volte. È positivo. Va in chiesa, abbraccia la donna che l’aveva ascoltata e sente addosso la leggerezza di chi ha pianto tanto e, per una volta, può piangere di gioia. La gravidanza scorre serena; la bambina nasce e si chiama Sofia — “sapienza”: un nome che ricorda che il senso delle cose spesso supera i nostri conti.

Oggi: un ritorno che diventa rito

Sofia oggi è vivace e curiosa. Ogni anno, nel giorno del compleanno, la famiglia ritorna a San Giovanni Rotondo: accendono una candela, dicono un grazie, lasciano un piccolo dono per altri bambini. Non perché tutto sia diventato facile per incanto, ma perché la gratitudine allena il cuore a riconoscere i passi buoni. Questo ritorno è il loro modo di tenere viva la memoria: il bene ricevuto si condivide, come si condivide pane e casa.

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Una testimonianza che non insegna, accompagna

Lucia e Marco non “insegnano” la ricetta della felicità: ascoltano chi sta vivendo lo stesso cammino, pregano insieme, offrono la loro esperienza come si offre una mano in salita. Non dicono che avere un figlio sia l’unica via alla gioia; dicono che la fede può aprire varchi dove si vedevano soltanto muri, e che ci sono strade che si riaprono proprio quando smetti di misurare tutto con l’orologio.

Nota di identità

Questa è una storia vera. Qui la cura e il tempo hanno camminato accanto alla preghiera, e un pellegrinaggio è diventato una finestra.

Non vendiamo promesse: raccontiamo strade percorribili, con rispetto per la coscienza di ciascuno e per il lavoro dei medici.

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