C’è una data che buca il calendario, una finestra precisa: 22 febbraio – 22 marzo 2026.
Per la prima volta, le spoglie mortali di San Francesco saranno visibili a tutti, nella chiesa inferiore della Basilica, ai piedi dell’altare papale.
L’ostensione è stata annunciata il 4 ottobre e approvata dalla Santa Sede.
Sarà un percorso gratuito con prenotazione e con due modalità di accesso: in gruppo con un frate (breve meditazione) oppure individuale in silenzio, con rito conclusivo e attenzione all’accessibilità. Noi saremo ad Assisi in pellegrinaggio, se vuoi, pensiamo noi a prenotazioni e logistica, capisci se può fare per te (pellegrinaggi ad Assisi).
I frati lo dicono chiaro: non celebriamo la morte, ma la vita che germoglia dal dono, “come un seme nella terra”.
È il cuore del cammino dell’ottavo centenario (1226–2026).
L’ostensione nasce da qui: non spettacolo, ma invito alla preghiera e alla riconciliazione.
Le spoglie verranno traslate dalla cripta e deposte ai piedi dell’altare papale nella chiesa inferiore:
il cuore di pietra dove il Poverello ha insegnato a parlare con i fatti.
Non un “passaggio di reliquie”, ma una sosta davanti al Vangelo vissuto.
La storia della tomba è una notte lunga 52 notti. Dal 12 ottobre al 2 dicembre 1818 si scavò in segreto fino al sarcofago sotto l’altare.
Una commissione di vescovi, periti e notai aprì e riconobbe lo scheletro di Francesco.
Il 5 settembre 1820, Pio VII dichiarò l’identità “certa e indubitabile” e ordinò una cripta decorosa.
Qui non ci sono leggende: atti e sigilli.
Nel 1978 una nuova ricognizione (disposta da Paolo VI) permise un restauro “chirurgico”: le ossa furono collocate in una scatola di plexiglass, inserita nella cassa bronzea del 1820, a sua volta nell’urna di pietra. Per proteggere il resto del Santo, l’ossigeno fu sostituito con azoto, creando un’atmosfera neutra: non poesia, conservazione scientifica.
Ricontrolli successivi (2015) hanno confermato il buon stato.
Il Catechismo risponde semplice: “I corpi dei defunti devono essere trattati con rispetto e carità, nella speranza della risurrezione.” (n. 2300).
E tra le forme di pietà popolare, la tradizione riconosce anche la venerazione delle reliquie (n. 1674).
La Chiesa custodisce ciò che partecipa alla santità e rimanda alla risurrezione della carne.
E' speranza.
La Chiesa oggi chiede regole severe: nessuna esposizione senza certificato di autenticità, ricognizioni e trasferimenti con atto pubblico.
È scritto nell’Istruzione 2017 “Le reliquie nella Chiesa: autenticità e conservazione”.
Il “brivido” giusto non è l’orrido: è la promessa che il corpo è chiamato alla risurrezione.
Assisi ricorda un ragazzo che si spogliò in piazza.
Il vescovo lo coprì col pallio.
Quel corpo nudo, senza proprietà, fu linguaggio prima che dottrina.
La spogliazione non fu provocazione: fu nascita.
Per questo l’ostensione non contraddice quel gesto: lo compie.
Mostra ciò che resta di un “sì” totale.
L’osso è memoria dura. La tibia racconta chilometri di polvere; le vertebre raccontano la fatica; le mani raccontano i poveri toccati e il pane spezzato.
“Reliquia” vuol dire ciò che resta.
E quel resto, davanti a te, non celebra la fine: testimonia la consegna.
È un alfabeto sobrio: non grida, regge.
C’è odore di pietra bagnata.
Una fila che non somiglia a un museo.
Una madre stringe un biglietto con un nome, un anziano sussurra un grazie, un ragazzo mette via il telefono.
Entrata, sosta, venerazione, rito breve: è tutto.
Ma a volte basta.
Un grado di rotta che cambia il viaggio.
(L’organizzazione ha pensato a percorsi inclusivi e lingue diverse; la prenotazione assegna fasce orarie e modalità per favorire il raccoglimento).
Per educare lo sguardo. Il cristianesimo non è un’idea sospesa: è carne, polvere, passi.
In chiesa inferiore non contempli il macabro, contempli un corpo riconosciuto.
La Chiesa ha fatto il suo mestiere: documenti, ricognizioni, conservazione.
A te resta il tuo: ascoltare.
Non vai a “vedere un morto”. Vai a lasciarti vedere: dalla pazienza di ossa che hanno camminato tra i poveri, dalla sobrietà di una cripta che cura il silenzio.
In fila, la mattina presto, ognuno porta un nome; all’uscita resta una promessa in più.
Noi saremo in fila con te: se vuoi unirti, vieni in pellegrinaggio con noi ad Assisi e lasciamo che sia la grazia a lavorare.
Se il tuo cervello chiede prove, trovi verbali; se chiedi prossimità e vuoi sfiorare il mistero, trovi una fila e una teca.
L’ostensione tiene insieme ragione e devozione.
La verifica ha i suoi libri, le sue pagine di storia; la preghiera ha il suo pavimento, in ginocchio.
Nessuna delle due umilia l’altra.
Dopo la venerazione, la Porziuncola per il piccolo che guarisce il grande; il Santuario della Spogliazione per tornare al gesto nudo e trovare un nuovo santo Carlo Acutis;
San Damiano o l’Eremo delle Carceri per un poco di bosco e di respiro.
Non serve fare “tutto”: serve fare bene.
Uscirai piano, con la pietra sotto le scarpe e una domanda che pesa meno.
Non avrai “visto un morto”: avrai imparato un alfabeto.
Vatican News – annuncio ufficiale, date e collocazione dell’ostensione (chiesa inferiore, ai piedi dell’altare papale), l'articolo.
Come prenotare - il sito del centenario (www.sanfrancescovive.org) in lingua italiana e inglese.
Basilica Papale e Sacro Convento di San Francesco Assisi - il sito ufficiale -