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Oltre il Cammino: Incenso e Rivelazioni nella Cattedrale di Santiago

Di: Riccardo

Aggiornato: 25 Agosto 2025
5 minuti
Indice

La Plaza do Obradoiro si apre di colpo, tutta pietra e cielo.

Stringo in tasca i nomi. Non sono fogli: sono volti.

Le torri della Cattedrale guardano lontano, i passi dei pellegrini arrivano come onde: qualcuno abbraccia, qualcuno piange in silenzio, qualcuno resta immobile con lo zaino ancora in spalla.

Non sono qui per “finire un percorso”. Sono qui per consegnare.

Ogni passo mi ha portato qui, non solo fisicamente, ma anche emotivamente e spiritualmente.

Improvvisamente, svoltando un angolo, la vedo.

Arrivo in Plaza do Obradoiro e vedo la Cattedrale

La cattedrale di Santiago si staglia contro il cielo dell'alba, le sue torri che sembrano toccare le nuvole. Mi fermo di colpo, il fiato mozzato dalla vista. È più maestosa di quanto avessi immaginato, più imponente di qualsiasi foto potesse rendere. Per un momento, il tempo sembra fermarsi.

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Avanzo lentamente verso la Plaza del Obradoiro, il cuore pulsante di Santiago.

La piazza è già animata da pellegrini che, come me, hanno appena completato il loro viaggio.

Vedo lacrime di gioia, abbracci tra amici fatti lungo il cammino, sorrisi di puro sollievo e realizzazione.

I ciottoli sotto i miei piedi raccontano una storia millenaria mentre attraverso la piazza.

Quante persone hanno camminato su queste stesse pietre prima di me?

Quanti sogni, speranze e preghiere hanno portato con sé?

Mi sento parte di qualcosa di molto più grande di me stesso.

Mi avvicino alla facciata della cattedrale, il suo intricato lavoro in pietra è una testimonianza di secoli di devozione e arte.

Ogni dettaglio sembra raccontare una storia: i santi scolpiti, le scene bibliche, i simboli del pellegrinaggio.

Rimango immobile per alcuni minuti, lo zaino pesante sulle spalle, assorbendo ogni dettaglio.

Finalmente, con il cuore che batte forte, salgo i gradini ed entro nella cattedrale. L'aria fresca all'interno è un netto contrasto con il calore che sta crescendo fuori. L'odore d'incenso è intenso, quasi inebriante.

Le alte volte sembrano toccare il cielo, e la luce filtra attraverso le vetrate creando giochi di colore sulle antiche pietre.

Mi faccio strada lentamente attraverso la navata centrale, circondato da altri pellegrini.

Alcuni pregano silenziosamente, altri piangono apertamente, sopraffatti dall'emozione.

Io stesso sento le lacrime che mi pizzicano gli occhi.

Non sono particolarmente religioso, ma in questo momento sento una connessione profonda con qualcosa di più grande di me.

Trovo un posto tranquillo in un angolo e mi siedo su un banco di legno consumato da secoli di pellegrini.

Chiudo gli occhi e lascio che le emozioni mi travolgano.

Gratitudine per essere arrivato sano e salvo.

Orgoglio per aver superato i miei limiti.

Nostalgia per il cammino appena concluso.

E una strana sensazione di pace, come se avessi finalmente trovato qualcosa che non sapevo di star cercando.

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Improvvisamente, un movimento cattura la mia attenzione.

Il Botafumeiro

Apro gli occhi e vedo che la gente si sta radunando al centro della cattedrale.

C'è un'atmosfera di anticipazione nell'aria.

Poi lo vedo: il Botafumeiro.

Il Botafumeiro è molto più di un semplice incensiere.

È un simbolo, una tradizione, un'esperienza che unisce i pellegrini da secoli.

Mentre osservo i tiraboleiros, gli uomini incaricati di manovrarlo, che si preparano, sento crescere l'eccitazione intorno a me.

Il silenzio cala sulla cattedrale mentre il Botafumeiro viene riempito di incenso e carboni ardenti.

È enorme, molto più grande di quanto avessi immaginato: un gigante d'argento alto più di un metro e mezzo e pesante oltre 50 chili.

La tensione è palpabile mentre tutti attendono l'inizio della cerimonia.

Poi, come un fulmine che squarcia il cielo, il Botafumeiro si mette in movimento. Inizia lentamente, oscillando appena, ma con ogni spinta dei tiraboleiros guadagna velocità e altezza.

Il rumore delle catene che lo sostengono riempie la cattedrale, mescolandosi ai sussurri di meraviglia dei presenti.

L'incensiere vola da un'estremità all'altra del transetto, sfiorando quasi il soffitto al culmine della sua traiettoria.

Il fumo profumato dell'incenso si diffonde nell'aria, creando una nebbia mistica che sembra collegare cielo e terra.

È uno spettacolo ipnotico, quasi surreale.

Mentre osservo il Botafumeiro danzare sopra le nostre teste, sento un brivido percorrermi la schiena.

Non è solo lo spettacolo visivo a colpirmi, ma il profondo significato simbolico di questo rito.

Il movimento pendolare tra cielo e terra sembra incarnare il viaggio stesso che ho compiuto: un cammino di purificazione, di elevazione spirituale, di connessione tra il mondano e il divino.

Ogni oscillazione del Botafumeiro sembra portare con sé le preghiere, le speranze e i ringraziamenti di tutti i presenti, elevandoli verso l'alto in una cerimonia che è al tempo stesso antica e sempre nuova.

Mi trovo a pensare a tutti i passi che ho fatto per arrivare qui, a tutte le persone che ho incontrato lungo il cammino, a tutte le sfide che ho superato.

In qualche modo, tutto sembra confluire in questo momento.

La cerimonia dura solo pochi minuti, ma sembra un'eternità.

Quando finalmente il Botafumeiro rallenta e si ferma, un silenzio carico di emozione cala nella cattedrale.

Mi guardo intorno e vedo che molti, come me, hanno le lacrime agli occhi.

C'è un senso di comunione, di condivisione di qualcosa di profondo e significativo.

Poi il gesto che aspettavo.

L'abbraccio al Santo Tiago, Santiago

Salgo dietro l’altare e abbraccio il Santo.

Appoggio le mani sulle sue spalle lisce, come hanno fatto milioni di persone prima di me, e sottovoce affido i nomi uno per uno.

È un istante breve, asciutto, ma basta: dal “per favore” nasce un “mi fido”.

Scendo nella cripta.

La tomba dell’Apostolo è semplice, vicina.

Non chiedo segni: resto.

Lascio che il silenzio finisca il lavoro iniziato dall’incenso.

Esco dalla cattedrale sentendomi profondamente trasformato.

La luce del sole mi accoglie nella Plaza del Obradoiro, ora piena di vita e attività.

Mi siedo sui gradini, lo zaino accanto a me, e osservo la scena davanti a me.

Vedo pellegrini che arrivano, stanchi ma felici, pronti a vivere la stessa esperienza che ho appena vissuto io.

Vedo amici che si abbracciano, famiglie che si riuniscono, sconosciuti che si congratulano a vicenda.

C'è una gioia palpabile nell'aria, un senso di realizzazione collettiva.

Mentre il sole sale nel cielo,

decido di esplorare le strade del centro storico di Santiago.

Le vie strette e acciottolate sembrano un labirinto, ogni angolo rivela una nuova meraviglia: antiche chiese, piazzette nascoste, balconi fioriti.

L'architettura racconta secoli di storia, ogni pietra sembra avere una storia da raccontare.

Nel pomeriggio entro nel museo della cattedrale.

Qui, la storia del Cammino di Santiago prende vita attraverso antichi manufatti, mappe dettagliate e opere d'arte sacra.

Vedo la evoluzione del pellegrinaggio attraverso i secoli, da umile pratica religiosa a fenomeno culturale globale.

Mi soffermo davanti a un'antica conchiglia di capasanta, il simbolo per eccellenza del Cammino, e penso a come questo semplice oggetto abbia guidato i passi di milioni di persone nel corso dei secoli.

Mentre il sole inizia a calare invece torno nella Plaza del Obradoiro.

La cattedrale, ora illuminata contro il cielo che si oscura, sembra brillare dall'interno. Mi siedo sulle fredde pietre della piazza, lo sguardo fisso sulla facciata illuminata. Intorno a me, altri pellegrini fanno lo stesso, alcuni in silenzioso contemplazione, altri condividendo sottovoce le loro impressioni.

Osservo il giorno che si trasforma in notte e altri pellegrini che continuano ad arrivare, i loro volti rispecchiano la gioia e il sollievo che ho provato io stesso solo poche ore fa.

In questo momento, capisco veramente perché le persone sono state attratte qui per secoli.

Non si tratta solo di raggiungere una destinazione; si tratta della trasformazione che avviene lungo il cammino.

Uscire diversi (senza doverlo spiegare)

Rifletto su come sono cambiato durante questo viaggio.

Fuori, la plaza è di nuovo luce. Qualcuno suona, qualcuno ride, qualcuno guarda in alto senza sapere cosa dire. Io mi siedo contro il muro caldo e riprendo fiato. Non è cambiato tutto; è cambiato come sto dentro le stesse cose. I nomi in tasca non pesano: sono consegnati.

Quando il sole scende, le facciate si fanno oro e la pietra trattiene il calore del giorno. Mi alzo. Passo la mano sulla soglia come per ringraziare la casa che mi ha accolto.
Santiago non è un traguardo: è un verbo al presente. Stare. Affidare. Ripartire.

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