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In ginocchio sulla Scala Santa: Il silenzioso miracolo di Marco che ritrova la fede perduta durante il Giubileo

Di: Riccardo Bianco

Aggiornato: 10 Giugno 2025
10 minuti

"Non ci pensare troppo, ti farà bene." Con queste parole, pronunciate quasi per caso durante un caffè dopo la messa domenicale, un amico del gruppo parrocchiale ha innescato qualcosa che non avrei mai immaginato. Un pellegrinaggio a Roma per il Giubileo 2025 con Bianco Viaggi.

Ho accettato quasi per cortesia, per non deludere chi insisteva tanto. La fede per me era diventata un'abitudine sociale, un'appartenenza culturale più che un rapporto vivo. Andavo a messa a Natale e Pasqua, partecipavo distrattamente a qualche evento parrocchiale. Ma dentro? Un deserto silenzioso che durava da quindici anni.

Non potevo immaginare che tre giorni a Roma avrebbero potuto scardinare quel muro di indifferenza costruito pietra su pietra, giorno dopo giorno, delusione dopo delusione.

Marco, 49 anni, Firenze

Fedeli che salgono in ginocchio la Scala Santa a Roma, in un gesto di penitenza e fede profondamente legato alla Passione di Cristo.

L'arrivo a Roma Termini: dove comincia ogni pellegrinaggio

La stazione di Roma Termini ha quell'odore particolare che solo le grandi stazioni hanno: un misto di umanità in transito, di caffè appena fatto, di attese e di incontri. Il treno da Firenze è arrivato puntuale, in una mattina di aprile che prometteva una primavera piena.

Mara, la nostra guida di Bianco Viaggi, ci attendeva con un piccolo stendardo colorato. Una donna sulla sessantina, con occhi vivaci e un sorriso che non sembrava quello professionale delle guide turistiche, ma quello autentico di chi ama profondamente ciò che fa.

"Benvenuti a Roma, pellegrini," ha detto semplicemente. "Non turisti, pellegrini," ha poi precisato con dolcezza. "La differenza? Il turista visita i luoghi, il pellegrino si lascia visitare dai luoghi."

Ho annuito per cortesia, ma dentro di me ho alzato gli occhi al cielo. Frasi fatte, pensavo. Parole vuote per giustificare un viaggio come tanti. Non sapevo ancora quanto mi sbagliavo.

Il nostro gruppo era eterogeneo: una coppia di anziani dalla Puglia, un piccolo nucleo di giovani universitari di Padova, alcune signore di mezza età, un sacerdote silenzioso con lo sguardo mite. E poi c'ero io, l'osservatore scettico, l'uomo di 49 anni che si chiedeva perché avesse accettato quell'invito.

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Primo giorno: la Basilica di San Pietro e il primo segno

L'albergo era semplice ma accogliente, a pochi passi dal Vaticano. Dopo aver lasciato i bagagli, Mara ci ha guidati subito verso la Basilica di San Pietro.

La fila per entrare serpeggiava attraverso il colonnato del Bernini, ma Mara conosceva percorsi privilegiati che ci hanno risparmiato gran parte dell'attesa. "Uno dei vantaggi di viaggiare con Bianco Viaggi," ha sussurrato una delle signore accanto a me, con un sorrisetto compiaciuto.

La Porta Santa del Giubileo 2025 si stagliava davanti a noi, imponente e allo stesso tempo accogliente. Mara ci ha spiegato il significato di quel passaggio: "Attraversare la Porta Santa significa lasciare fuori il vecchio e aprirsi al nuovo, accettare una possibilità di conversione, di cambiamento."

Ho attraversato quella soglia con un misto di curiosità e distacco. Gli altri sembravano emozionati, alcuni persino commossi. Io osservavo, registravo, mantenevo quella distanza che da anni avevo posto tra me e qualsiasi esperienza spirituale autentica.

L'interno della Basilica era come sempre maestoso. Avevo già visitato San Pietro anni prima, da turista, con la mia macchina fotografica e la mia lista di cose da vedere. Ma questa volta c'era qualcosa di diverso nell'atmosfera. Forse era la qualità del silenzio, più denso, più vibrante. O forse era il modo in cui Mara ci invitava a guardare, non solo a vedere.

"Guardate in alto," ha detto mentre ci portava sotto la cupola. "Michelangelo ha creato questo spazio non per impressionare, ma per elevare. Non è solo una questione di dimensioni, ma di direzione: tutto qui punta verso l'alto, invita a sollevare lo sguardo."

Ho alzato gli occhi e, per un istante brevissimo, ho sentito qualcosa muoversi dentro. Una sensazione fugace di vertigine, non fisica ma esistenziale. Come se quell'immensità mi stesse ponendo una domanda che non riuscivo ancora a formulare.

L'ho liquidata rapidamente come un effetto della stanchezza del viaggio. Ma era un primo, impercettibile segno.

Il Giubileo 2025: un Anno Santo che trasforma vite ordinarie

Questo pellegrinaggio a Roma coincideva con il Giubileo 2025, l'Anno Santo ordinario proclamato da Papa Leone XIV. Mara ci aveva spiegato il significato profondo di questo tempo speciale: un periodo di riconciliazione, rinnovamento spirituale e indulgenze giubilari concesse ai fedeli che compiono determinate pratiche spirituali, come attraversare le Porte Sante delle Basiliche Papali.

"Il Giubileo non è solo un evento ecclesiale," ci aveva detto, "è un'opportunità per riflettere sulla propria vita, riconsiderare le proprie priorità, riconciliarsi con il passato."

La domenica mattina, Mara ci ha svegliati all'alba. "Per l'Angelus con Papa Leone XIV bisogna arrivare presto se vogliamo un buon posto," ha spiegato.

Piazza San Pietro si riempiva gradualmente di pellegrini da ogni parte del mondo. Bandiere colorate, canti in diverse lingue, bambini sulle spalle dei genitori. Era come trovarsi al centro di un mosaico vivente dell'umanità.

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Ho osservato i volti intorno a me: c'era attesa, gioia, speranza. Mi sono sentito stranamente fuori posto, come uno spettatore a una festa a cui non era stato veramente invitato. Eppure, quella gioia collettiva aveva qualcosa di contagioso.

Quando Papa Leone XIV è apparso alla finestra del suo studio, un silenzio improvviso è calato sulla piazza, seguito poi da un'ovazione. Il suo volto sereno, i suoi gesti misurati, la sua voce pacata hanno catturato immediatamente l'attenzione di tutti.

"Fratelli e sorelle," ha iniziato, "oggi vorrei parlarvi della misericordia come via per la pace."

Il suo discorso era semplice, diretto, privo di retorica ecclesiastica. Parlava della misericordia non come un concetto astratto, ma come una pratica quotidiana, come un modo di essere nel mondo.

"Non può esserci pace senza perdono," ha detto a un certo punto. "Non può esserci perdono senza misericordia. Non può esserci misericordia senza umiltà."

Quelle parole, pronunciate con quella voce tranquilla ma ferma, hanno iniziato a insinuarsi nelle fessure della mia armatura di indifferenza. Non era una questione intellettuale, non si trattava di convincermi di qualcosa. Era più come se quelle parole stessero risuonando con qualcosa di già presente in me, ma da tempo dimenticato.

Quando il Papa ha benedetto la folla, mi sono ritrovato a chinare il capo, non per abitudine o conformismo, ma per un impulso interiore che non ho saputo spiegare in quel momento.

Tornando verso l'albergo, Mara ha notato qualcosa nel mio atteggiamento.

"L'Angelus ti ha colpito," ha detto. Non era una domanda.

"Non saprei," ho risposto evasivamente. "Il Papa sembra una brava persona."

Ha sorriso, come se avesse sentito questa risposta mille volte. "A volte," ha detto dolcemente, "le cose più importanti accadono quando non le stiamo cercando."

La Scala Santa: ventotto gradini verso l'anima perduta

Il secondo giorno, dopo aver visitato la Basilica di San Giovanni in Laterano e attraversato la sua Porta Santa, Mara ci ha condotti verso un edificio adiacente, il Santuario della Scala Santa.

"Questa scala," ha spiegato, "secondo la tradizione, è la stessa che Gesù salì nel palazzo di Pilato durante la sua Passione. Fu portata a Roma da Sant'Elena nel IV secolo."

Mentre entravamo nel santuario, l'atmosfera cambiava sensibilmente. Qui non c'erano i grandi spazi delle basiliche, ma un ambiente più raccolto, quasi intimo. La scala di marmo bianco si ergeva davanti a noi, protetta da rivestimenti di legno che lasciavano intravedere, in alcuni punti, il marmo originale.

"Come potete vedere," continuava Mara, "i pellegrini salgono questa scala in ginocchio, pregando e meditando sui misteri della Passione di Cristo. È una forma di preghiera fisica, un modo di coinvolgere non solo la mente o il cuore, ma anche il corpo nell'atto di devozione."

Ho osservato le persone che salivano lentamente, gradino dopo gradino. Anziani che facevano evidentemente fatica, ma continuavano con determinazione. Giovani che pregavano in silenzio, con il rosario tra le mani. Famiglie intere, unite in questa esperienza.

"Non è obbligatorio," ha precisato Mara. "Ognuno segua il proprio sentire."

Gli altri membri del nostro gruppo si sono messi in fila. Alcuni hanno scelto di salire normalmente per le scale laterali, altri si sono preparati per l'ascesa in ginocchio. Io sono rimasto indietro, indeciso, oscillando tra curiosità e imbarazzo.

"Non fa per me," pensavo. "È una cosa da bigotti, da creduloni." Eppure, qualcosa mi tratteneva dal voltare le spalle e allontanarmi.

Mara non ha insistito, non ha fatto pressioni. Si è limitata a rimanere accanto a me, in un silenzio rispettoso.

Dopo qualche minuto di esitazione, quasi a sorpresa di me stesso, mi sono avvicinato alla base della scala e mi sono inginocchiato sul primo gradino. Mi sentivo ridicolo, a disagio, come un attore in una recita in cui non credeva. Ma ho continuato.

Il secondo gradino, il terzo. Il disagio fisico era notevole: le ginocchia protestavano contro la durezza del marmo, nonostante la copertura di legno. Osservavo le persone davanti a me, cercando di imitare il loro ritmo, il loro modo di procedere.

Al quinto gradino, qualcosa ha iniziato a cambiare. Non posso dire esattamente cosa, ma il disagio fisico ha iniziato a trasformarsi in qualcos'altro. Il dolore alle ginocchia c'era ancora, ma ora sembrava avere uno scopo, un significato. Non era più solo scomodità, era partecipazione.

A metà scala, un'immagine è emersa improvvisamente nella mia mente: il ricordo di quel litigio furioso con il parroco, quindici anni prima. Le parole dure, l'orgoglio ferito, la decisione di abbandonare il servizio come organista. Quell'evento che aveva segnato l'inizio del mio allontanamento dalla Chiesa, l'inizio della mia indifferenza spirituale.

Ho sentito le lacrime salire agli occhi, inaspettate e inarrestabili. Non piangevo da anni. Non ricordavo nemmeno l'ultima volta che avevo pianto. E ora, in ginocchio su questi gradini consumati da milioni di pellegrini nei secoli, stavo piangendo come un bambino.

Non erano lacrime di tristezza, né di gioia. Erano lacrime di liberazione, come se qualcosa di bloccato dentro di me si stesse finalmente sciogliendo.

Gradino dopo gradino, il mio viaggio è continuato. Ogni passo in ginocchio portava alla superficie un ricordo, un risentimento, un dolore che avevo accuratamente sepolto. Non lottavo più contro queste memorie, le lasciavo semplicemente emergere e passare, come se la scala stessa le stesse assorbendo.

Quando ho raggiunto l'ultimo gradino, mi sono sentito diverso. Svuotato e al tempo stesso pieno. Leggero, come se un peso che non sapevo di portare mi fosse stato tolto dalle spalle.

Mi sono alzato con le ginocchia doloranti, ma con una strana sensazione di pace. Ho guardato Mara, che mi attendeva in cima con un sorriso discreto. Non ha detto nulla, non servivano parole.

Roma cristiana: un itinerario tra fede e storia millenaria

L'ultimo giorno del nostro pellegrinaggio a Roma prevedeva la visita alle altre due Basiliche Papali: Santa Maria Maggiore e San Paolo fuori le Mura. Questo itinerario nella Roma cristiana svelava strati di storia e spiritualità che nessuna guida turistica poteva pienamente trasmettere.

Roma non è solo la città dei Cesari e dei monumenti antichi; è anche la culla di una fede che ha plasmato secoli di storia europea. Camminare per le sue strade significa attraversare epoche diverse, ciascuna con la propria testimonianza di devozione.

In San Paolo fuori le Mura, davanti alla tomba dell'Apostolo delle Genti, Mara ci ha invitati a riflettere sul tema della conversione.

"Paolo era un persecutore che è diventato l'apostolo più zelante," ha spiegato. "La sua storia ci ricorda che non è mai troppo tardi per cambiare direzione nella vita. La conversione non è un evento puntuale, ma un processo continuo."

Quelle parole hanno risuonato profondamente in me, alla luce dell'esperienza sulla Scala Santa del giorno precedente. In quel momento ho preso una decisione che mi ha sorpreso per la sua chiarezza: avrei ripreso a suonare l'organo in chiesa, riscoprendo la musica sacra che per tanto tempo aveva fatto parte della mia vita.

Non era un ritorno al passato, ma un nuovo inizio, carico della consapevolezza acquisita in questi anni di lontananza.

Esperienze spirituali a Roma: quando i luoghi sacri parlano all'anima

Prima di lasciare la Città Eterna, Mara ci ha concesso alcune ore libere per esplorare Roma secondo le nostre inclinazioni personali. Mentre alcuni hanno scelto di visitare musei o fare shopping, io sono stato attratto da un piccolo oratorio vicino a Piazza Navona.

L'interno semplice, con pareti spoglie e poche panche di legno, offriva un rifugio di silenzio nel cuore pulsante della città. Sono rimasto lì seduto per quasi un'ora, assorbendo quella quiete, permettendo alle esperienze dei giorni precedenti di depositarsi dentro di me.

Roma offre infinite possibilità di esperienze spirituali, alcune nelle grandi basiliche affollate di turisti, altre in angoli nascosti e silenziosi. Sentivo che questo tempo di solitudine era essenziale per integrare tutto ciò che avevo vissuto.

Le pietre di Roma hanno assistito a duemila anni di fede, di dubbi, di ricerca. Hanno visto pellegrini come me arrivare con le loro domande e ripartire, se non con risposte, almeno con una prospettiva rinnovata. Ho capito che la vera conversione non accade solo nei grandi momenti, ma anche in questi interstizi di silenzio, quando l'anima può finalmente ascoltare se stessa.

Il ritorno a Firenze: quando un viaggio esteriore diventa cammino interiore

Il viaggio di ritorno a Firenze è stato completamente diverso dall'andata. Non eravamo più un gruppo di estranei, ma una piccola comunità che aveva condiviso un'esperienza profonda.

Ho scambiato numeri di telefono con gli altri pellegrini, promettendo di mantenerci in contatto. Con alcuni, sentivo di aver stabilito un legame che andava oltre le circostanze casuali di un viaggio.

Ma il cambiamento più significativo era dentro di me. Guardando dal finestrino del treno il paesaggio toscano che si avvicinava, mi sono reso conto che tornavo a casa come una persona diversa. Non per una conversione improvvisa o spettacolare, ma per un risveglio graduale, un ritorno a qualcosa di essenziale che avevo dimenticato.

La domenica successiva, ho fatto qualcosa che non avrei mai immaginato: ho contattato il nuovo parroco della mia chiesa.

"Se avete bisogno di un organista, io sono disponibile," gli ho detto semplicemente.

La sua sorpresa si è trasformata rapidamente in gratitudine. "È incredibile," ha risposto. "Proprio ieri pregavamo per trovare qualcuno che potesse suonare l'organo per le celebrazioni pasquali."

Quella coincidenza – o forse non era tale – mi ha confermato che ero sulla strada giusta.

La prima domenica in cui sono tornato all'organo, dopo quindici anni di assenza, molti parrocchiani non nascondevano la loro emozione. Alcuni anziani, che ricordavano ancora quando suonavo regolarmente, mi hanno abbracciato dopo la Messa.

"Abbiamo pregato per anni perché tornassi," mi ha detto una signora con le lacrime agli occhi.

Non sapevo che la mia assenza avesse lasciato un tale vuoto. Non immaginavo che il mio ritorno potesse significare così tanto per la comunità.

La Scala Santa che porto dentro: un pellegrinaggio che continua ogni giorno

Oggi, quando mi siedo all'organo della chiesa, spesso mi tornano in mente quei ventotto gradini della Scala Santa. A volte, prima di iniziare a suonare, chiudo gli occhi e mi ritrovo di nuovo lì, in ginocchio, in quel processo di liberazione e rinnovamento.

Ho compreso che il pellegrinaggio a Roma non è finito con il ritorno a Firenze. In un certo senso, continua ogni giorno, in ogni scelta, in ogni nota che suono.

La fede che ho riscoperto non è quella ingenua di prima, né quella amara di dopo. È qualcosa di nuovo, più profondo, più personale. Una fede che ha attraversato il deserto del dubbio e dell'indifferenza, e proprio per questo è più autentica.

Non avrei mai pensato che tre giorni a Roma potessero cambiare così profondamente il corso della mia vita. Non avrei mai immaginato che un invito casuale di un amico del gruppo parrocchiale potesse trasformarsi in un viaggio di ritorno a me stesso.

"Marco, vieni con noi al pellegrinaggio a Roma per il Giubileo? C'è un'agenzia, Bianco Viaggi, che organizza tutto. Ti farà bene."

Aveva ragione. Mi ha fatto bene, in modi che non avrei mai potuto prevedere.

Se anche tu desideri vivere l'esperienza trasformativa di un pellegrinaggio a Roma durante il Giubileo 2025, con la possibilità di partecipare all'Angelus di Papa Leone XIV e salire la Scala Santa, parti con noi.
Pellegrinaggi di 3 giorni con partenza in treno e ritrovo alla stazione Termini.

 

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